martedì 21 febbraio 2017

I VIDEOGIOCHI

I videogiochi possono fare male?



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La risposta più definita? Ovviamente! I videogiochi possono fare male, ci mancherebbe. Così come può far male sollevare pesi non adatti al proprio fisico, bere troppa acqua, fumare sigarette, mangiare 2kg di carne in una volta sola, attraversare la strada senza guardare e centinaia di altre attività normalissime.


I videogiochi del resto, così come un libro, un film, una poesia e qualunque altra opera dell’ingegno umano sono fatti per scatenare in noi una qualche reazione. Potrà essere buona, cattiva, costruttiva, stupida o magari persino imprevedibile, ma una cosa è certa, i videogiochi non sono creati per lasciarci indifferenti né tantomeno solo per divertire o intrattenere. Forse l’equivoco di base sta proprio in quella parola finale “giochi” che in effetti è un po’ una maledizione, ma finora qualunque altro termine per definirli si è rivelato sempre goffo o pretestuoso.
Insomma i videogiochi possono farci bene e farci male, questo dobbiamo accettarlo indipendentemente dal nostro essere gamer, genitori preoccupati, politici, preti o adolescenti. Possono farci venire voglia di approfondire determinate tematiche storiche o stimolare temporaneamente la nostra aggressività, possono commuoverci, ma anche farci perdere una marea di tempo che potremmo invece dedicare allo studio, al lavoro o alla famiglia. Ma questo vale per qualunque altro hobby, no?

I videogiochi sono fondamentalmente come un’automobile. Può condurci nel più bel posto del mondo, ma nelle mani sbagliate può fare molti danni. Il problema è che in questi casi però si dà sempre la colpa al videogioco e ci si dimentica delle mani sbagliate. Se si scopre che un criminale giocava a GTA ecco che il videogame finisce con lui sul banco degli imputati e non sempre solo come complice, molto più spesso come perverso mandante o istigatore. Basta un attimo per partire con la caccia alle streghe e a nessuno più importa la natura dell’assassino, conoscere il suo passato, sapere che in fondo si trattava di una persona disturbata che avrebbe già dovuto essere in galera. No, senza dubbio è tutta colpa di GTA.
Un momento, ma se così fosse, visto che GTA ha venduto decine di milioni di copie, perché il mondo non è ancora sprofondato in un caos degno di Ken il Guerriero?


In fondo se qualcuno si dovesse suicidare dopo aver letto una poesia, nessuno bandirebbe quella poesia. Nonostante tette, culi e volgarità varie, nessun reality viene accusato di attentare alla virtù dei più giovani che possono guardarli liberamente.E allora perché fa tanto paura GTA, perché la violenza di Call of Duty fa storcere il naso e sotto, sotto se bandissero i giochi dall’Italia qualcuno farebbe addirittura salti di gioia?

Il problema è principalmente uno, anzi no, non è vero, i problemi sono parecchi, e visto che ultimamente stampa e TV hanno parlato molto dei videogiochi in chiave negativa, tutti gli operatori del settore si sono sentiti chiamati in causa e hanno cercato di fare chiarezza sulle proprie colpe e su quelle degli altri.

Ne è emerso un quadro di opinioni piuttosto 
eterogeneo. C’è anche chi pensa sia giusto vietare la vendita dei giochi con PEGI18 ai minorenni. E se questo da un lato metterebbe a tacere molti ben pensanti, dall’altro però non risolverebbe la radice del problema, l’educazione al videogioco. Immaginate il paradosso in cui un sedicenne può vedere un film horror o un action violento, ma non giocare a GTA V, assurdo!

La verità è che il vero nocciolo intorno a cui gira tutto il dibattito sui videogiochi è che si tratta senza dubbio di oggetti sconosciuti a molti genitori, così come una volta lo erano la musica rock e certi libri. E per giunta vengono da questi comprati inconsapevolmente o con eccessiva leggerezza per far contenti i figli.

Ma le giustificazioni preferiamo lasciarle tra i banchi di scuola e crediamo che la mancanza di informazione in fondo sia solo un alibi per un genitore che ha invece il dovere di documentarsi e controllare, per quanto possibile, ciò che i propri figli utilizzano. Perché anche se si può non conoscere la trama di di GTA V, basta dare uno sguardo anche veloce alla copertina per far sorgere qualche dubbio. Vuoi per i tizi con l’aria da gangster, vuoi per le pistole, vuoi per il bollino rosso con scritto 18, non so, caro genitore, scegli tu.

Ti rimane qualche dubbio? Beh allora fermati almeno un attimo ad osservare tuo figlio mentre ci gioca. Lo sappiamo che sei tornato ora dal lavoro, c’è la cena da preparare, il giornale da leggere e ti vuoi rilassare, ma è pur sempre tuo figlio. Scandalizzarti a posteriori perché tu gli hai comprato qualcosa di non adatto alla sua età è come dargli la colpa se i vestiti che tu gli hai 
comprato sono troppo stretti.

Un genitore curioso che può dedicare tempo a informarsi sui videogiochi, scoprirà invece che ci sono un sacco di bei titoli da giocare in compagnia del proprio figlio, senza contare quelli che rappresentano vere e proprie opere d’arte narrativa, e insegnano molto sull’amore, sulla morte, sulla disabilità, sulla diversità, sulla guerra e sulla politica. (Magari nei prossimi giorni te ne consigliamo qualcuno ok?).
Gli articoli scandalizzati e i servizi dai toni drammatici in fondo poi non fanno neppure il tuo bene,sono solo il classico lavoretto fatto a colpo sicuro per alzare un polverone. Hanno le stesse finalità educative di un settimanale scandalistico, mirano solo a generare indignazione. Sono iniziative che lasciano il tempo che trovano e si ripetono ciclicamente (e forse in questo, anche noi del settore dovremmo essere più bravi a ignorarle), ma che poi finiscono nel dimenticatoio surclassati dai naufraghi o dalle foto di Magalli al Quirinale.

A tutto ciò aggiungiamo che, per quanto rigurda l’Italia, i videogiochi sono un mercato marginale, che nessuno ha interesse a difendere. State tranquilli che un’eventuale software house italiana in grado di generare profitto e posti di lavoro degne della FIAT sarebbe senza dubbio più tutelata.
Ogni figlio è diverso, ogni ragazzo ha più o meno consapevolezza del mondo intorno a sé, e questo dipende soprattutto da te, da come tu lo hai cresciuto. Ci sono sedicenni che potrebbero tranquillamente giocare a GTA V senza problemi, e ventenni a cui forse è meglio non dare un gioco di guida, perché poi si schianterebbero contro un palo per spirito di emulazione. Ma questo, caro genitore, puoi saperlo solo tu.

Che poi in fondo, caro genitore, non è neppure tutta colpa tua, i videogiochi sono un media giovane che ci è esploso letteralmente tra le mani. Nessuno poteva immaginare che gli ammassi di pixel di trent’anni fa sarebbero diventati un’industria in grado di macinare più soldi di quella cinematografica. I videogiochi non hanno avuto neanche il tempo di crescere, si sono ritrovati già grandi, e forse né la società né loro erano pronti a gestire la situazione.

Un utilizzo consapevole, come del resto si raccomanda per qualunque altro mezzo espressivo, ecco ciò di cui i videogiochi hanno veramente bisogno. 


Un risultato che probabilmente otterremo solo quando i giocatori di oggi diventeranno i genitori di domani, e allora forse non sentiremo più “non giocare a quel gioco figlio mio, è violento!” ma “come fai a perdere tempo con quel gioco, fa schifo!”.

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